Tra cielo e terra
Walter Bonatti
Courmayeur alla fine degli anni ’60 era un piccolo paesino di montagna. Avevo iniziato a vincere qualche gara e mi allenavo sciando in neve fresca con una persona che cercava di conquistare le grandi vette: Walter Bonatti.
Eravamo visionari, alla ricerca dell’assoluto. Ci confidavamo i nostri sogni, parlavamo del mistero della vita come se potesse un giorno essere svelato.
Walter amava il silenzio, la solitudine e le montagne: le guardava con grande amore studiando a tavolino ogni passo, ogni strettoia, ogni appiglio. In quel periodo viveva con Bianca in un appartamento di due stanze, dove tra scarponi, zaini, corde e le bozze del suo libro Le mie montagne, io ed Emilio Fede trovavamo posto per la cena sopra un vecchio divano. Le sue imprese erano vissute in diretta da Emilio, che lo aspettava alla fine di ogni discesa. Per Walter non esistevano limiti e neanche per Emilio: erano grandi amici, si rispettavano a vicenda e avevano anche scalato insieme il Monte Bianco per un’intervista in vetta.
Walter possedeva innata eleganza e gentilezza d’animo, in lui si avvertiva l’astuzia del giaguaro, una forza di spirito che fluisce e dona la vita. Nei momenti più difficili, lo spirito lo spronava inarrestabile, la forza superiore del suo essere lo avvolgeva e prendeva il sopravvento.
Per i miei 18 anni mi aveva invitato a brindare sulla vetta delle Grandes Jorasses. Era il 2 di ottobre e dopo esserci riposati alcune ore in un rifugio, avevamo previsto di arrivare in vetta al mattino presto, ma le condizioni di alcuni crepacci ci avevano fatto deviare ed eravamo molto in ritardo. Mi stavo riposando felice a qualche metro dalla vetta, quando improvvisamente Walter mi ha slegata ed è sparito. Dopo mezz’ora ho cominciato a preoccuparmi, tra la brezza leggera, l’immensità, le cime immacolate, i rumori dei ghiacciai e un galoppo di nuvoloni scuri. Disperata, con l’aiuto della piccozza e dei ramponi, mi sono arrampicata per guardare nell’abisso di 1000 metri della parete Nord e ho scoperto Walter 30 metri più sotto, tranquillo mentre cercava i moschettoni (lasciati là anni prima, nella sua mitica impresa invernale) con l’amico Cosimo Zappelli. Ho iniziato a brontolare e Walter mi ha ricordato di non permettere alla paura di avere il sopravvento. A peggiorare la situazione, il tempo, come accade spesso in montagna, era cambiato improvvisamente e aveva iniziato a nevicare. Siamo riusciti a fatica a scendere attraversando un couloir pericoloso, dove continuavano a rotolare sassi dall’alto e alcuni ponti dei crepacci non erano più sicuri da attraversare. Giunti sulle rocce, nel buio più totale, era facile scivolare. Siamo arrivati in Val Ferret a notte fonda. Mio padre, che già ci considerava un po’ pazzi, era stato avvisato da qualcuno che ci aveva scorto con il binocolo.
Intravvedendo nel buio alcune guide pronte ai soccorsi, Walter aveva simulato un garbo ben distante dalla sua vera natura, ma che avevo apprezzato e ringraziato. Dopo quell’avventura ci siamo persi di vista per alcuni anni, io impegnata nella squadra nazionale di sci, lui in giro per il mondo per i grandi servizi di Epoca. Poi la vita ci ha riunito casualmente a Chamonix, dove ha vissuto felicemente con una donna straordinaria, e la nostra amicizia ha prevalso sul tempo. Mi raccontavano dell’amato Kenya e della magia di Bali, ma quando la loro storia è finita, mi sono resa conto che Walter era un mito e che si era arreso alla sua indole solitaria, un po’ selvaggia. Il suo linguaggio era cambiato ed era come se quella forza sovrumana che tanto mi aveva stimolato e affascinato si fosse leggermente assopita. Ci siamo rivisti brevemente negli ultimi anni, ma Walter era forse costretto a saluti più formali che affettuosi. Non ho mai letto i suoi libri. Dopo le grandi imprese, è sceso a valle divulgando un messaggio di solidarietà, consapevolezza e integrità. Il pilastro del Petit Dru, una delle sue più belle imprese, è crollato a significare che la montagna lo aveva scelto e gli aveva concesso il privilegio di scalarla per primo.
Ciao Walter, ovunque sia il tuo spirito, grazie, hai arricchito le nostre coscienze di valori universali.